Macerata dopo la piazza antifascista

Bene, decisamente una bella manifestazione, una reazione dovuta, immediata e salutare per la democrazia.

di Mauricio Pasquali

Bene, decisamente una bella manifestazione, una reazione dovuta, immediata e salutare per la democrazia.

Anche senza dilungarsi troppo sulla cronaca della giornata di sabato scorso a Macerata, un felice e colorato incontro di decine di migliaia di persone che da tutta Italia (da maceratese un sincero grazie a tutte e a tutti...) manifestavano contro il rigurgito fascista ed il razzismo non più celato nei mormorii da bar.

Le realtà migranti maceratesi soprattutto quelle africane avevano veramente bisogno di un sostegno esplicito , erano impaurite e disorientate il riuscire a coinvolgerle tramite il Gus , l’ambasciata dei diritti e le Brigate di solidarietà attiva è stato facile e anche liberatorio per molti di loro che ci tenevano anche a esprimere la piena solidarietà nella triste vicenda che aveva dato il via a tutta la vicenda.

Le realtà che hanno dato il là alla manifestazione sono quelle che non si sono date per vinte dopo la prima assemblea organizzativa nella quale si erano defilate (anche per pressioni del sindaco) alcune importanti organizzazioni come Cgil, Anpi e Arci poi rientrate parzialmente appena autorizzato il corteo. Quindi pieno merito al Csa Sisma, alla componente cittadina di Potere al popolo e alle/agli antifasciste/i locali per aver resistito e saputo coinvolgere così tante e tanti da tutta Italia in brevissimo tempo per una manifestazione veramente ben riuscita e un applauso anche alle Brigate di solidarietà attiva e ai circoli ribelli di Arci e Anpi, alla Palestra popolare, e anche se in ordine sparso lungo il corteo alla forte presenza di lavoratrici e lavoratori dello spettacolo dal vivo di Ancona e Macerata oltre che ai singoli cittadini donne e uomini, anziani e bambini, di ogni colore ed etnia.

Ora cosa rimane di tutto ciò? La consapevolezza che auto organizzarsi e osare senza l’ausilio delle strutture di partiti e sindacati è possibile anche quando questi sono autenticamente e sinceramente antifascisti,ma decidono di muoversi in maniera istituzionale e appartata . Allo stesso tempo occorre a bocce ferme un indispensabile esame di coscienza da parte di tutti coloro che lottano contro il razzismo e il risorgere di appelli all’autoritarismo.. Non tutto in questi anni è andato per il verso giusto. Si è sottovalutata la questione, si pensava di vivere in una città dove non ci fossero seri problemi, invece gli effetti della crisi economica si presentavano in questo capoluogo così come in altre città d’Italia e insieme all’insoddisfazione sociale si diffondeva il rancore ignorante per la presenza di migranti africane/i in una città sempre più addormentata e chiusa in se stessa.

Così com’è avvenuto tristemente in altri periodi storici, la diffusione di droghe pesanti si sparge nel territorio provocando vittime tra i soggetti più deboli e la manovalanza, lo spaccio, è ancora destinato a chi ha meno da perdere, facendo come sempre arricchire chi traffica.

In questo contesto alla morte di Pamela (l’ennesimo femminicidio) avvenuta in modo brutale per la quale sono accusati criminali di nazionalità nigeriana e che ha profondamente scioccato la città, si è aggiunto l'attentato razzista di un energumeno fascio-leghista, scatenando in città molti commenti di un odio insospettabile fino a pochi giorni prima, non nei confronti dell’attentatore ma delle innocenti vittime di origine africana o almeno di quello che ai loro occhi esse rappresentavano.

Per chi ha sentito da subito l’impellenza di muoversi risulta indispensabile interrogarsi e ripartire, pensando che la grande manifestazione di sabato è stata solo un evento e ovviamente non basta.

Ripartire senza avanguardismi ,né settarismi, convinti della necessità di costruire una comunità cooperante che si basi su serie politiche includenti che partano dal basso. Politiche che partano dai bisogni e che riguardino anche e soprattutto le urgenti questioni del lavoro, del reddito e della solidarietà reciproca, senza ipocrisie o calcoli opportunistici, senza distinzioni tra autoctoni e migranti, provando anche ad uscire dalle assurde logiche concorrenziali del tutti contro tutti.

In questa crisi locale si sono manifestati in maniera sin troppo evidente problemi che esistono quotidianamente anche in altri luoghi, e la realtà del mondo, anche di quello che chiamiamo terzo mondo, è venuta a trovarci con un bagno di realtà che già in molti hanno descritto in questi giorni svegliando dal torpore la tranquilla città di provincia.

Non possiamo, non dobbiamo e non vogliamo chiuderci in un fortino di arretratezze mentali, di conservatorismi, perché della causa di quei problemi continueremmo ad essere complici. Bisogna affrontarli con gli arnesi che riteniamo utili per l’intera società riscoprendo nei fatti la solidarietà, il fare mutualistico e la necessità di costruire quello che ancora non c’è.

Inventare l’ignoto, basandolo su fatti reali, sulla concretezza delle azioni: costruirlo mano


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