Nessuno tocchi l'ulivo! 

Manlio Epifania - Ortocircuito-Masseria dei Monelli, Convochiamoci per Bari


Premessa: personalmente non amo la retorica dei simboli e delle identificazioni iconiche, a maggior ragione se applicate a vessilli, bandiere e stemmi. Però se sul simbolo della Puglia, tanto amato, da loro, c’è un ulivo una ragione ci sarà. E per questa ragione chiedo, a loro, come fanno ad avvallare decreti legge d’urgenza (solo l’1,8% del territorio risulterebbe a rischio), che di quel simbolo impongono l’abbattimento? Per altro a spese di chi coltiva, quasi fosse implicitamente e pregiudizialmente colpevole anche quando si devono abbattere alberi sani.

​Passando ai fatti inizio da una visione generale che tiene insieme quattro fattori, “il malato”, gli ulivi del Salento, o meglio l’Ulivo, perché chi coltiva con amore sa che ogni albero è diverso dall’altro, è un essere vivente. Un essere vegetale fortissimo, generoso, capace di vita millenaria e in grado di autodifendersi, se non maltrattato, da crisi ambientali ben più gravi. Altro fattore “il sintomo”, il tanto deprecato Co. Di. R.O. (Complesso del Disseccamento Rapido dell’Olivo) che si manifesta appunto con la perdita di vitalità di parte dell’albero e a volte di tutta la pianta, causato anche, e sottolineo anche, da una fitopatologia, una malattia vegetale. Terzo fattore il patogeno, “la Xilella”, batterio capace di produrre anche, e sottolineo anche, tale sintomo. Presente in forma asintomatica in molte altre specie, dal ciliegio alla vite senza produrre alcun disseccamento. Quarto fattore un animaletto sino a qualche anno fa ignoto ai più ora sulla bocca, spesso ignorante, di tutti, “la Sputacchina” (Philaenus spumarius) insetto cosiddetto vettore, portatore anche, e sottolineo anche, del citato batterio, causa della succitata patologia sui succitati soggetti, in grado di spostarsi anche solo col soffio del vento o salendo a bordo delle jeep dei forestali che pretendono di debellarla.

​Bene, anzi male, la non comprovata scientificamente conseguenzialità di questi quattro fattori ha generato un mostro che anche a detta di chi tale ignorante catena pestilenziale ha alimentato (l’entomologo dell’UniBa Francesco Porcelli) è peggiore del male stesso.

​Il cosiddetto Decreto Martina che impone quattro trattamenti obbligatori ai coltivatori nella definita area cuscinetto estendo l’allarme sino a Locorotondo, Fasano, Ostuni e Cisternino (e notizia di ieri che tale area è estesa sino a Monopoli, Terra di Bari) è la folle conseguenza di una non-politica del territorio che mira unicamente ad impoverire una zona enorme per vastità e valore della Puglia, giustificando, anzi imponendo trattamenti radicali che oltre lo sradicamento delle piante, anche non infette, prevede trattamenti chimici a base di bombe velenose non solo per le piante e gli animali, che già basterebbe, ma anche per gli umani. La logica dello sradicamento forzato altro non produrrà che una drastica mutazione nella visione della nostra agricoltura, già minacciata da logiche di profitto capitalistico che ne hanno distrutto le origini e ne annullano ogni futuro. Nelle aree oggi ricche di piante centenarie, vedremo spuntare nuove coltivazioni di piante pseudoresistenti (nessuno scientificamente oggi lo può affermare, è puro calcolo probabilistico) utili a coltivazioni di stile intensivo, monocolturale mirate a produzioni di basso pregio e di altissimo rendimento sui mercati di una GDO che tira le fila di tutte le trame.

​Chi coltiva in quelle terre martoriate sa bene come decenni di abbandono e di pratiche agricole invasive e mortifere, a base di glifosato e insetticidi da parte di grandi latifondisti, ha ridotto drasticamente le capacità di autodifesa degli ulivi che altro non potevano che ridurre il loro potenziale vegetativo, disseccando le parti più aree, in attesa di tempi migliori, una specie di letargo vegetale. Tale ipotesi è testimoniata dal fatto che anche gli alberi maggiormente colpiti nel basso Salento ad una chioma completamente disseccata mostravano polloni basali in vegetazione. In questo panorama così compromesso ha potuto attecchire il batterio che di per sé non è drasticamente mortale, infatti risulta asintomatico in altre aree e su altre specie. Quindi ora io mi chiedo e chiedo a loro perché se ho un albero, dieci, cento, mille alberi malati li devo abbattere? Neanche ai tempi di Manzoni o di Camus agli appestati era destinata tale sorte. La malattia si cura, con cura appunto e con l’obiettivo di salvaguardare con l’albero un territorio tutto che, se oggi presenta il fenomeno Xilella domani potrebbe portare a galla qualche altro disastro alla luce di quanto nelle nostre terre succede, con l’avvallo e i finanziamenti di tutte le istituzioni europee, statali, regionali e comunali che oggi gridano: “all’untore!”.

​Parlo, ad esempio, della monocoltura dell’uva da tavola nel sud est barese, capace di produrre altrettante eradicazioni di ulivi o ciliegi sanissimi per far posto a migliaia di ettari plastificati da tendoni per produrre un’uva da tavola che che mai vedrà la luce naturale del sole e che respira, e noi con lei, veleni tossicissimi, impoverendo falde acquifere compromesse, in una regione da sempre definita sitibonda, e che per essere impiantati distruggono il suolo e la biodiversità esistente. Parlo anche della monocoltura del pomodoro o del grano ogm in capitanata dove multinazionali potentissime detengono, per mano dei loro vassalli di zona, praticamente tutto il territorio imponendo pratiche agricole devastanti che di naturale non hanno più nulla il cui unico obiettivo è il massimo lucro possibile a danno non solo della terra, ma anche di chi la lavora.​

​Alla luce, anzi al buio, di tutto ciò la nostra posizione è di assoluto contrasto a questa ipotesi di disboscamento criminale di un intero territorio, praticamente una condanna a morte ben peggiore dei rischi di una finta emergenza xilella, eseguito per imposizione in una catena di connivenze dolose tipica della peggiore logica mafiosa. Il fenomeno Xilella non è che la punta di un iceberg perverso fatto di impoverimento della terra, di sottrazione di identità e cancellazione della biodiversità che è il solo unico reale ed efficace mezzo di contrasto a questa patologia come a tutte quelle che ci sono state (si parlava di disseccamento degli ulivi in Salento già all’inizio del secolo scorso) e che ci saranno. Chi sta dolosamente conducendo questa guerra, di questo si tratta, ha come obiettivo una idea di agricoltura modernamente produttiva perché utile ed asservita a logiche di profitto multimilionarie e pertanto in grado di sostenere e giustificare menzogne, corruzioni, sotterramento di dati.

​E allora se questa è la posta in palio noi ci opponiamo con tutte le nostre forze in nome di una visione naturale, sostenibile, giusta, a misura delle persone che ci vivono di agricoltura o meglio Agroecologia. Ci opponiamo non da oggi, praticando agricoltura naturale, ma anche sostenendo le vertenze di chi la terra lavora e la ama, diffondendo le verità che un sistema di informazione drogato e asservito non permette di conoscere, in una NUOVA RESTISTENZA che fa oggi della Disobbedienza Civile, politicamente consapevole la sua forma di lotta più avanzata.


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