Elisa Pastore

"Allora Gretel (perché da qualche giorno lei è Gretel e io sono Hansel e forse è il suo modo di raccontarsi le cose, come se stessimo in una favola). Allora Gretel fuori c'è un virus e siccome nessuno di noi se lo vuole prendere, perché sennò dobbiamo prendere lo sciroppo, abbiamo deciso tutti insieme di rispettare delle semplici regole" "Bellissimo mamma! Ma poi quando finisce tutto posso andare ai gonfiabili?" Alla fine spiegare a nostra figlia il Covid19, non è stato poi così difficile. "Mamma facciamo un giro in bici?". Più difficile è spiegare il concetto di quarantena.

Difficile è spiegarle che non può uscire anche quando fuori c'è il sole della primavera che da mesi aspettava. Difficile è dirle che all'asilo non ci può andare e che forse proprio non ci tornerà. Difficile dirle che non può vedere nonna Rita, se non dietro un piccolo schermo dello smartphone. Difficile dirle che non possiamo andare a mangiare un gelato, grande e tutto al cioccolato, certo. Difficile dirle che non può andare in bicicletta, in biblioteca a prendere un libro nuovo e che non può salire sullo scivolo nè sull'altalena. Avessimo un cane, almeno potremmo uscire a fare le passeggiate (lo dico sempre io che i cani rendono la vita più bella) e ora tutti ne vorremmo uno. Ma noi abbiamo i gatti. Che in quarantena ci stanno da dio, ci fanno le fusa e giocano con la duenne con rinato entusiasmo.

La nostra quotidianità è stata cancellata, anzi peggio ancora è tenuta in sospeso, senza una data certa della fine pena. Ma questa condizione di precaria sospensione, di vita fantascientifica non può essere compresa da una bambina. Non deve essere compresa. E noi genitori siamo stati lasciati da soli a gestire questo enorme paradosso. Da un lato la protezione dall'epidemia dall'altro la privazione della libertà. E allora dai con il leit motiv del tempo passato insieme, dello stare tutti insieme appassionatamente. Al giorno facciamo: 10 balli, 4 disegni, 1 impasto, 10 libri, 21 solletichi, 40 bolle di sapone, e per fortuna che noi abbiamo un giardino, niente di chè per carità, ma mai come in questi giorni è risorsa. Penso a chi vive in un condominio, con un balcone di 4 metri quadri e magari di figli ne ha pure due o tre.

Nella chat dell'asilo le educatrici ci mandano dei "lavoretti" da fare con i bambini. Ok, bene proviamoci a imparare la poesia per la festa del papà o a incollare i petali dei fiori. Tanto ormai in questo tempo sospeso, anche il mio lavoro lo è. Smart working, sì ma quando almeno hai una stanza tutta per te dove poterti concentrare e non una figlia da intrattenere. Che mica la baby sitter la trovi così, la prima che passa per strada, che poi di questi tempi non passa proprio nessuno. E allora, via il lavoro, "qua si campa d'aria", cantava Profazio. Per due che come noi hanno la partita iva è diventato un rebus complicato riuscire a vivere nella quarantena. Non abbiamo reddito di cittadinanza, assegni familiari, tredicesima nè malattia, congedi parentali nè ferie retribuite. Avremmo certo qualche credito da riscuotere ma in tempi come questi l'alibi del debitore si rafforza e non abbiamo altri strumenti per riscuotere noi che viviamo dei nostri clienti. Abbiamo invece il mutuo della casa, l'affitto dello studio, le bollette, che invece sono puntuali.

E poi la spesa, quella per mangiare, quella che in questo periodo scriviamo sui fogli A4 per evitare di andare troppo spesso al supermercato ma che per la sua lunghezza richiede risorse abbondanti. Quando hai una figlia non puoi campare d'aria. Per ora non ho trovato una baby sitter che si sostituisca all'asilo e allora lascio il lavoro, per ora (mi auguro) resto con lei, che mi obbliga all'ottimismo e a saltare sul letto. La nostra ora di esercizio fisico la facciamo, eccome. Ma la nostra ora d'aria? La sua, soprattutto? Non è forse pensabile che una bambina di due anni come uno di sette abbiano bisogno di un'ora d'aria come quella che viene concessa ai detenuti? Perchè di fatto tali sono diventati da un giorno all'altro. Che non si pensi che in una casa c'è tutto quello che serve per stare bene, anche se si è in una famiglia da Mulino Bianco (benché non esistono, lo sappiamo).
Penso a quelle famiglie con genitori violenti o depressi o con gravi dipendenze (che esistono invece, lo sappiamo). E non riesco neanche ad immaginare il disagio di quei bambini. È un pensiero adultocentrico (passatemi questo sillogismo) che ci ordina di farli restare a casa, senza considerare necessità un'ora d'aria. Ad un bambino si dovrebbe concedere del tempo all'aperto in rapporto inversamente proporzionale alla sua età. Come per i bisogni dei cani, esigenze di primaria necessità.

Non stiamo parlando più di una reclusione di una settimana, ai tempi brevi siamo tutti abituati, qui si parla di tempi indefiniti, che cominciano ad essere troppo lunghi, per essere lasciati senza un'ordinanza che consideri i bambini. Le mani mi sanguinano facilmente. È l'effetto del sapone, a furia di lavarmi di continuo ho la pelle screpolata e secca e basta un piccolo graffio per farla sanguinare. "Ricordatevi di idratarle dopo averle lavate", avrebbero dovuto dirci. Nulla è ovvio in condizioni di eccezzionalità. Ora se ad un genitore gli dici di tenere a casa il figlio (o i figli) poi devi anche sapere che quella clausura possa avere delle conseguenze, soprattutto se protratte nel tempo. Anche i bambini come le mani, potrebbero subire gli effetti di un eccesso di prevenzione. L'isolamento fa comparire nuove fragilità laddove non ce n'erano, rende ampie quelle già esistenti. E così si può sanguinare facilmente, anche per un nonnulla, per una sciocchezza. Bisognerebbe proteggere, invece, tutti insieme, l'unico vero futuro che ci rimane: i bambini.

 

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