Sara Manisera*

Fatico a trovare la concentrazione. Fatico a leggere. Allora provo a scrivere. A mettere nero su bianco una serie di pensieri confusi e disordinati in questo tempo sospeso. Si accavallano le inquietudini. Esco in giardino a prendere una boccata d’aria. Una nube nera incombe. Mi sento in colpa a poter uscire in giardino. Sì, mi sento in colpa. Perché io posso uscire in giardino. E allora vorrei dirlo a gran voce, farlo rimbombare in ogni redazione giornalistica che questa “pandemia” svela ancora di più le diseguaglianze. Possiamo parlare delle diseguaglianze santo cielo?

Possiamo dire che chi è ricco si può vivere bene la quarantena? Mentre per la maggior parte delle persone non è così. Perché le aziende non chiudono e ci sono migliaia di lavoratori che continuano a lavorare, anche per produrre beni non essenziali. Perché vivono in case piccole e umide. Perché internet ha un costo. Perché si è precari e senza tutele. Oppure si è un lavoratore in nero. Che non esiste e non avrà nessun sussidio.

Provo a riconcentrarmi. A formulare un pensiero. Ah, sì, la questione economica. Questa mattina un collega di Bergamo mi ha scritto. Mi scrive che ad Alzano Lombardo non si è fermata l’economia, la Confindustria lombarda non ha voluto. Ecco perché i contagi aumentano. E i morti anche.
Economia. In nome dell’economia, dello spread, del pareggio di bilancio hanno tagliato centinaia di posti letto negli ospedali in questi anni. E hanno finanziato i privati. Come mai adesso si può sforare il pareggio di bilancio e prima no?

Altra vocina entra nella testa. Davide, anestesista e rianimatore di un noto ospedale milanese. “Anche se fossimo stati in periodi di vacche grasse - e non lo eravamo - un’epidemia di queste proporzioni avrebbe sovraccaricato il sistema. Ma in Lombardia la sanità è in mano al centrodestra da una vita e il pubblico è stato depredato”. Ah, il modello lombardo. Lo scrive in dettaglio Gianni Barbacetto qui.
Possiamo parlare anche di questo? Possiamo avere una visione politica di questa crisi sanitaria? E dire, senza troppi orpelli, che chi ha tagliato i posti in questi anni è un criminale? Lo possiamo dire, si o no? Possiamo dire che chi ha tagliato i fondi a scuola, università, ricerca e sanità è co-responsabile di questa dolorosa crisi sanitaria? Perché se ci fa star meglio criminalizzare chi va a correre, allora Signori miei, non abbiamo capito proprio un bel niente di quello che succede.

Perdo la concentrazione, di nuovo. Apro le notifiche su what’s up, su facebook e su instragram. Mi ricordo di alcune note che ho scritto su qualche foglio sparso sulla mia scrivania. Eccole. “Un minuscolo virus mette a nudo il re. E ci ricorda quanto l’essere umano sia polvere, essere di passaggio. Sui cui si può soffiare sopra e farlo sparire. Perché alla fine l’uomo non è l’essere forte della terra. Lei è la proprietaria e noi gli affittuari. Abbiamo devastato l’ambiente, sfruttato risorse, devastato habitat naturali ed ecosistemi. In nome del profitto. Abbiamo costruito un sistema che è fallito e non ci stiamo preoccupando di come cambiarlo."

Possiamo parlare di questo? Di questo sistema economico che si basa unicamente sul profitto e sul segno del PIL? Perché forse è tempo di iniziare a parlare dei costi sociali e ambientali di questo folle modello di “sviluppo” chiamato capitalismo. Possiamo dirlo o dobbiamo continuare a danzare sulla superficie di questa crisi sanitaria senza entrare nel ventre di una crisi che è economica ma soprattutto sociale? Quanto ci è costato, ci costa e ci costerà continuare a vivere - se così si può definire - in questo modo? Questo virus è solo l’inizio di quello che ci prospetta il futuro, se continueremo a devastare senza alcuna regola Signora Madre Terra.

Possiamo dire che avremo, anzi che abbiamo già bisogno di investimenti pubblici? Sì, massicci investimenti pubblici. Perché è inutile chiamare “eroi” medici e infermieri assunti all’ultimo minuto e pagati quattro soldi se non hai un piano di lungo periodo di programmazione. E possiamo dire che lo Stato dovrebbe imporre a quelle multinazionali che continuano a generare fatturato di pagare in Italia le tasse sui loro profitti?
Possiamo dirlo che è necessario un reddito universale di quarantena? I soldi ci sono, non vi preoccupate. Li possiede l’1% della popolazione mondiale. Nei conti all’estero, nei paradisi fiscali e via dicendo. Forse è giunto il momento di imporre una redistribuzione di tale ricchezza.

E ancora. Invece di applaudire a delle briciole di solidarietà internazionale che nascondono tanta propaganda, possiamo parlare dell’immenso ritardo della Cina nel comunicare la verità sul contagio e sul COVID-19? E possiamo dire che i medici cinesi sono stati silenziati e molti sono morti? La solidarietà, se davvero è tale, non dovrebbe avere fini propagandistici o interessi geopolitici.
Possiamo dire che abbiamo bisogno più di Europa? Di un’Europa più solidale e meno economica? Io difendo e vorrei questo tipo di Europa. Non ho alcuna voglia di un regime cinese che impone coprifuoco, sorveglia e arresta indiscriminatamente.

Possiamo iniziare a parlare di cosa verrà dopo? Di come superare la minaccia immediata, chiedendoci in che mondo abiteremo quando la tempesta sarà passata? Perché è evidente che questa crisi segnerà un prima e un dopo. Un po’ come dopo il 2001, dopo gli attentati alle Torri Gemelle. La sorveglianza che diventa normalità. Perché se è vero che abbiamo accettato delle restrizioni delle libertà individuali in nome del bene comune, è anche lecito domandarsi quali sono i rischi di queste misure nel post crisi? E se l’emergenza continuerà, può questa sospensione delle libertà individuali (e dei diritti inalienabili delle persone) essere prorogata? Perché invece di invocare “telecamere” ed “esercito”, io inizierei a invocare con la stessa “mediaticità” il rispetto dei diritti fondamentali. A partire dal diritto alla salute. Che oggi include, inevitabilmente, il diritto a un ambiente sano, a un posto di lavoro che non ci fa ammalare.

Possiamo dirlo? Si o no?

E se non lo possiamo dire, perché l’emergenza ci obbliga ad accettare tutto, possiamo almeno pretendere che finita l’emergenza, si indaghi sul perché a Bergamo e provincia i morti sono stati così tanti? Forse perché era il distretto “economico” d’Italia. E ancora una volta si è scelto di tutelare gli interessi economici a scapito delle persone. E della salute.

* giornalista freelance; autrice del libro "Racconti di schiavitù. E lotte nelle campagne" AutAut editore

0
0
0
s2sdefault