Il novantasettesimo compleanno di Danilo Dolci e noi?

Questo l’intervento di Martina Lo Cascio per Partinico Solidale invitata alla celebrazione del novantasettesimo compleanno di Danilo Dolci che si è svolta il 28 Giugno a Trappeto e il 27 Giugno a Partinico a largo scalia davanti la sede storica del centro studi iniziative per la piena occupazione.

Può essere retorico partecipare ogni anno ad una ricorrenza ogni anno e ripetere che non ci servono le ricorrenze e che ci servirebbe praticare le idee di chi ricordiamo, in questo caso di Danilo ma potremmo ritrovarci a ricordare altre persone di questo territorio che hanno impiegato l’intera vita per costruire processi collettivi, per un’ideale di uguaglianza. Eppure è importante esserci, mantenere la memoria e sempre interrogarsi su cosa farcene.

Può essere scomodo durante il compleanno di Danilo dire che è importante il riferimento alla sua straordinarietà e al contempo evidenziare il rischio di de-contestualizarne l’intervento, ridurre 50 anni di lotte agite da centinaia migliaia di siciliani e non solo alle capacità individuali di un singolo. Ma anche questo può essere retorico ripeterlo ogni anno ad ogni ricorrenza, io personalmente l’avrò detto già 5-6 volte in incontri in cui ho la fortuna di avere la vostra attenzione.

Danilo questo lo sapeva bene, lui che sin dall’inizio ha lavorato per organizzare, mettere insieme, creare le condizioni per la partecipazione, la formazione per la ricerca, affinchè anche l’analisi dei territori e di cosa sia sviluppo e di cosa non lo sia potesse essere controllato dal popolo. Pino Lombardo giovane di Santa Ninfa che nel ’65 a 26 anni parte verso Trappeto per fare 6 mesi di formazione su come fare ricerca sociale ne è un esempio. La formazione era importante per Danilo per stimolare la nascita di gruppi di attivisti, la coscienza popolare non la si trova confezionata, è necessario costruire accessibilità alle risorse, al sapere per rendere la democrazia realmente partecipata. Il popolo a cui fa riferimento Danilo non è un concetto avulso dalle differenze di classe, per popolo s’intende la classe subalterna deprivata dei diritti fondamentali.

Anche i suoi collaboratori e le sue collaboratrici (?) lo sanno bene che loro erano attivisti del centro studi e iniziative per la piena occupazione e che quando, invece, venivano chiamati i collaboratori di Danilo o chiddi cu Danilo era quando venivano denigrati o etichettati. Sì forse anche questo è bene ricordare e legarlo all’oggi, non esistono, infatti, pratiche radicali di riappropriazione di diritti che mettano d’accordo tutti, che siano in accordo con il senso comune.

Stare dalla parte di chi lavora costantemente per creare le condizioni, gli strumenti per la presa di parola da parte di chi non è ammesso nell’arena patinata della politica a cui siamo abituati, non significa parteggiare per una fazione politica di partito, significa tenere a mente che non siamo tutti uguali, uscire dalla retorica populista che sempre ci accompagna per capire che l’ingiustizia sociale, le disuguaglianze, i privilegi sono la base costitutiva del sistema economico in cui viviamo e che per scardinarlo non potremo andare d’accordo con tutti, non saremo legali sempre, non saremo sempre i bravi ragazzi e le brave ragazze che portano la buona pratica ammirati dalle “anime pie di buon senso”.

Essere radicali non per partito preso non per posizione ideologica ma per necessità, Piero Cartosio l’anno scorso ad un incontro qui a Trappeto ha detto “Danilo diceva voglio i figli dei mafiosi alla scuola di Mirto e io pensavo ma chisso è pazzo?” bene questo per me, per noi di Partinico Solidale, significa stare nelle contraddizioni, stare lì dove ci sono le ferite, dove incontri il razzista, il giovane che fa manovalanza per la mafia perché ricattato dall’assenza di lavoro e tanto altro.  Al nostro doposcuola popolare gratuito e maieutico è venuto un ragazzo figlio di qualcuno di destra, lo dico perché qualcuno con stupore è venuto a segnalarcelo, qualcuno a cui abbiamo risposto con un sorriso, lo stesso sorriso con cui rispondiamo quando ci chiedono “ma siti di rifondazione?” (eh no, non lo siamo), per noi i ragazzi che hanno frequentato il doposcuola sono quelli che hanno subito più di altri la pandemia, perché questa pur essendo stato uno stravolgimento per tutti, non è stata vissuta da tutti allo stesso modo perchè abbiamo avuto mezzi diversi per affrontarla. Per noi le porte della sede, del doposcuola, sono aperte ma a volte anche sfondate dai ragazzi che a scuola non vanno, che vanno poco ma non sono seguiti il pomeriggio dai genitori, come diceva, a largo Scalia Alfedo Rubino, il lavoro di Danilo non era un dolce dialogo con i bambini, la maieutica, infatti, affondava le mani nelle difficoltà, nelle tensioni.

Tutto questo andrebbe fatto con il sostegno delle istituzioni che dovrebbero essere le garanti dell' uguaglianza sostanziale, noi a Partinico abbiamo dovuto escludere dei bambini dal doposcuola perché dopo mesi di richiesta di confronto con i commissari e richieste di utilizzo di un bene pubblico, siamo stati ostacolati in tutti i modi con varie forme sempre più perfezionate e con vari riferimenti alla legalità.

Il centro anziani, edificio pubblico che insiste all’arena, di cui abbiamo più volte chiesto l’uso non esclusivo per svolgere le nostre attività, ci è stato negato, è rimato chiuso per mesi ed è stato vandalizzato, lo abbiamo ripulito lo abbiamo richiesto e ci è stato ancora negato, per questo infine abbiamo svolto il doposcuola come potevamo, con i nostri mezzi ma dovendo escludere dei bambini per mantenere la distanza necessaria e la sicurezza reciproca.

Alla nostra sollecitazioni di lavoro condiviso tra l’amministrazione e i solidali si è risposto politicamente con un regolamento sui beni comuni che è stato ancora una volta usato per ostacolarci nelle attività, ad Aprile abbiamo, infatti, fatto richiesta per un’iniziativa di piantumazione di alberi legata al ricordo Di Toti Costanzo e Gigia Cannizzo, iniziativa che ci è stata anch’essa negata in virtù del neo-regolamento sui beni comuni, perché il nostro uso dell’arena sarebbe a questo punto privatistico e fuori dalle norme. Contemporaneamente la commissione ha iniziato finalmente dei colloqui con le associazioni che, a differenza nostra, sono portatrici di buon senso. Bene Danilo ci ricorda la necessità del controllo popolare delle istituzioni, noi abbiamo scelto di lavorare all’arena solidale, le istituzioni ci hanno ostacolato nel nostro lavoro e noi staremo lì a vedere come le istituzioni agiranno adesso in questo spazio, al momento limitare la nostra azione ha prodotto l’aumento del degrado e la soluzione non sarà certo quella di affidare il tutto a dei privati pronti ad investire.

Noi non vogliamo piacere a tutti come a tutti non piacevano i collaboratori, le collaboratici (?) del centro studi e Danilo, noi vogliamo confrontarci dialetticamente sapendo bene che parlare di beni comuni e di accessibilità e presa di parola da parte degli ultimi sgomenta ancora oggi le arene patinate.

Per questo i collaboratori del centro studi sono per noi riferimento, uno a cui facciamo riferimento perché con semplicità mette al centro l’importanza del protagonismo locale è Fiffiddo Robino, ma soprattutto lo sono tutti quelli che abbiamo la fortuna di incontrare oggi, perché continuano ad insegnarci l’umiltà, non per esercizio retorico adesso che ho il microfono ma come elemento necessario per raggiungimento di obiettivi che prevedono un lungo percorso di pianificazione e organizzazione, umiltà che è l’elemento necessario forse per rompere la retorica del mio intervento, che può già dopo qualche anno di partinico solidale essere integrato come un intervento retoricamente critico e per dirci oggi che il compleanno di Danilo ci da l’occasione di incontrarci per mettere al centro le nostre pratiche che devono essere necessariamente radicali e in alleanza tra di loro. Per questo diciamo a chi organizza, Orazio De Guilmi e Pino Lombardo, di essere grati di questi momenti e rilanciamo nel proporre di rendere insieme i prossimi sempre più vivi. Rendiamo il compleanno di Danilo occasione di intreccio delle nostre pratiche, incontriamoci la prossima ricorrenza quando avremo fatto qualcosa insieme, sostenendoci non per un accordo politico di coalizione ma con l’approccio solidale tra chi è consapevole che per uno sviluppo organico è necessario un costante lavoro di tessitura di reticoli di pratiche vive, che costruiscano processi di coscienza collettiva, rendiamo questi incontri momenti di rivendicazione, raccontiamoci cosa facciamo oggi, di come viviamo le nostre vite a Partinico e a Trappeto, di cosa abbiamo bisogno noi, perché le pratiche di autoanalisi popolare non erano pratiche caritevoli in cui si aiutava i bisognosi ma ci si metteva in discussione tutti, a partire dal proprio posizionamento e consapevoli di stare dalla parte del torto perché contro un sistema che produce disuguaglianza naturalmente perché su queste si fonda.

 

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