Accade in diversi territori in modo poco visibile: insegnanti, genitori, lavoratrici e lavoratori precari mettono in comune punti di vista e proposte per ragionare di cura, apprendimento, reddito, prevenzione e per non smettere di promuovere aiuto reciproco. Vie d’uscita dall’oscurità
Comunità di autogestione del Bread&Roses – spazio di mutuo soccorso, Bari
Salute, istruzione, reddito e prevenzione. Per salvarci insieme
Questo contributo è frutto di una riflessione collettiva tra docenti, madri e padri, lavoratori e lavoratrici, rappresentanti dei genitori, precarie della scuola e non solo (nata nella Comunità di autogestione del Bread&Roses – spazio di mutuo soccorso di Bari), tutt* accomunat* da un bisogno prioritario imprescindibile: l’esigibilità del diritto alla salute, alla prevenzione e alla cura per tutta la popolazione, assieme alla garanzia del diritto all’istruzione e ad un reddito dignitoso per chi è impossibilitato a lavorare.
1. La pandemia da Covid-19 in corso è prima di tutto un’emergenza sanitaria i cui effetti si riversano su gran parte della società a causa dell’inettitudine delle istituzioni nazionali e locali nell’intervenire sul sistema sanitario, le cui inefficienze e incoerenze ormai si conoscono da mesi e non da pochi giorni o settimane. Il governo nazionale, vuole nascondere un lampante fallimento, quello di un sistema sanitario al collasso, dopo anni di tagli e austerità con conseguente chiusura dei presidi ospedalieri, lo smantellamento della medicina territoriale e di prevenzione, delle guardie mediche. Negli ultimi decenni il concetto di efficienza basato sulla gestione del welfare al massimo ribasso, finalizzato all’ottenimento del risultato al minor costo possibile, ha progressivamente cancellato i servizi sanitari di base.
In Puglia il presidente Michele Emiliano il 3 giugno scorso si espresse così: «I contagi sono bassissimi, speriamo che questa seconda ondata che si prevede per settembre-ottobre non si verifichi. Ma ci stiamo preparando per l’eventualità che possa succedere». Il 3 agosto, con i contagi già in risalita e le discoteche ancora aperte, presentò il nuovo piano ospedaliero. Queste le sue parole: «Abbiamo 1.255 posti letto in più, abbiamo raddoppiato le terapie intensive. La curva dei contagi è bassa, non ha spinte verso l’alto che mettano in crisi gli ospedali. Ma gli ospedali adesso sono perfettamente in grado di gestire l’ondata». Qualche giorno dopo aggiunse che «la differenza ora sta in questo: gli ospedali devono funzionare anche per le attività ordinarie». Quella non covid. E invece già dagli inizi di ottobre le strutture ospedaliere sono in affanno per il Covid e si sono dovuti addirittura sospendere i ricoveri ordinari. Le strutture covid allestite in primavera e poi smantellate al momento non sono state ancora riallestite. In Puglia si effettuano in media appena 7.000 tamponi al giorno, rispetto alle decine di migliaia di altre regioni, quando lo stesso Emiliano il 19 agosto scorso prometteva 10.000 tamponi al giorno entro l’autunno. Rispetto alla media di 200.000 tamponi giornalieri in tutta Italia, in proporzione alla popolazione pugliese, la Regione dovrebbe garantire circa 14.000 tamponi al giorno. Lo stesso vale per il sistema di tracciamento, ormai in tilt. Si doveva assumere un operatore sanitario ogni 10mila abitanti, circa 400 in Puglia. Il reclutamento è a un punto morto, così come l’operatività delle Usca (unità speciali di continuità assistenziali).
2. Parallelamente nessun massiccio piano di investimenti è stato programmato e reso operativo per garantire un altro diritto inalienabile: quello all’istruzione e alla formazione. Nessun miglioramento e messa in sicurezza delle strutture scolastiche, nessun recupero di immobili pubblici dismessi per aumentare il numero di aule e sdoppiare le classi pollaio, nessun potenziamento dei trasporti pubblici, neanche un immediato piano di assunzione diretta di docenti, personale ATA – è stato attuato. Invece di intervenire come si sarebbe dovuto fare e come da tempo il mondo della scuola rivendica, si è scelta immediatamente la didattica a distanza, quindi al distanziamento fisico è corrisposto anche quello sociale e relazionale. Gli effetti negativi della Dad sul piano dell’apprendimento, del benessere psicologico e della fiducia in sé stess*, saranno più intensi e accentuati soprattutto per coloro che erano già in condizioni di svantaggio, per quei bambini e bambine, adolescenti già immersi nella povertà educativa, soprattutto nelle regioni del sud dove si sono chiuse le scuole senza porsi minimamente queste questioni.
Infatti lo stesso Comitato tecnico scientifico, seppur solo pochi giorni fa, ha riconosciuto ufficialmente gli effetti nefasti della didattica a distanza sulle e sugli allievi, un’intera generazione colpevolizzata e abbandonata nelle proprie camerette i cui danni depressivi e psico-fisici (emicrania, problemi alla vista, ecc.) emergeranno non nell’immediato e che, a differenza di altri danni materiali, non sono indennizzabili, quantificabili economicamente.
La chiusura delle scuole secondarie in tutta Italia e il ricorso alla Dad disposta in Campania e Puglia anche per tutti gli altri gradi e cicli di studio, è stata la soluzione più semplice e immediata in quanto avviene a costo zero per le finanze pubbliche. Di fronte all’innegabile collasso del sistema sanitario pubblico, il ricorso alla Dad è stata la più facile decisione da assumere al fine di ridurre il rischio di contagio (seppur i dati statistici rimangano discordanti), equiparando il diritto allo studio a un bene non essenziale e facendo della scuola il capro espiatorio della diffusione della pandemia.
La didattica a distanza rimane alienante e cognitivamente dannosa. È un surrogato gravemente riduttivo della didattica in presenza. La Dad non è democratica: fa accrescere gli squilibri sociali e impedisce l’accesso alla cultura alle fasce più deboli. Infatti si ignora che gli studenti e le studentesse non sono tutt* uguali: il danno della chiusura delle scuole significa ripiegamento in case diseguali perché non tutti hanno un luogo adatto allo studio; significa ingiustizia che discrimina, impedendo la partecipazione alle lezioni a quei bambini privi di wi-fi, computer o altri dispositivi adeguati; significa aumento delle diseguaglianze per quei bambini all’interno di famiglie socialmente ed economicamente fragili, per chi non ha genitori presenti; significa pesare sempre più sulle donne, costrette a rinunciare al lavoro, a rimanere a casa, costrette al lavoro di cura senza un reddito a sostegno; significa isolamento totale per ragazz* con bisogni educativi speciali, per chi subisce violenza domestica ai quali è privato qualsiasi supporto morale e psicologico; significa privazione dell’unica possibilità di riscatto, dell’unico pasto sicuro giornaliero (grazie alla mensa) che le famiglie possono garantire. In altre parole: ulteriore dispersione scolastica, marginalizzazione, invisibilità all’interno di un sistema scolastico già colpito da anni di tagli e riforme inefficaci.
In caso di un aumento esponenziale dei contagi è assente anche un piano di investimenti per la digitalizzazione della didattica che possa solo temporaneamente sostituire quella in presenza per la tutela della sicurezza delle persone che lavorano nella scuola. Utilizzare, invece, le paure ed ansie del mondo della scuola per legittimare la Dad, come vigliaccamente ha agito il presidente della Regione Puglia, significa non assumersi le proprie responsabilità politico istituzionali.
3. Per queste ragioni è necessario rompere la dicotomia scuole aperte / scuole chiuse, non vogliamo farci intrappolare dalla falsa contrapposizione tra il diritto all’istruzione e il diritto al lavoro sicuro dei e delle insegnanti. Di fronte ai propri fallimenti, le autorità governative nazionali e regionali (ognuna con le proprie competenze) scaricano le responsabilità sulle singole persone, sui loro comportamenti, mettono in conflitto diritti costituzionalmente inalienabili quali sono il diritto alla salute e all’istruzione pubblica. Facendo parte di un’unica comunità, vogliamo rispondere a chi ci mette gli uni contro gli altri attraverso la solidarietà, con la condivisione di intenti e con azioni di mutuo aiuto. Contestualmente rivendichiamo determinate politiche partendo da una certezza di base: nell’imminenza di un lockdown generale se si vogliono selezionare le attività da chiudere, si cominci con quelle produttive e commerciali non essenziali, si garantisca reddito a chi perde lavoro e per chi non ce l’ha; si garantisca nelle forme più sicure possibile la didattica in presenza e la ripresa di essa anche per il secondo ciclo di studi. Per questo vogliamo che già da subito si cominci con puntuali interventi.
- Ripristinare una capillare rete di sanità pubblica territoriale, assumere personale medico e infermieri in pianta stabile, rendere efficiente tutte le strutture sanitarie disponibili, riaprire i pronto soccorsi ed ospedali chiusi in questi anni.
- Ridurre il numero di alunne e alunni per classe (non superiore a 12/15 persone), recuperare strutture pubbliche e private inutilizzate. Realizzare interventi per la messa in sicurezza degli edifici scolastici.
- Assumere con contratti a tempo indeterminati tutte le docenti e i docenti utili ad eliminare le classi numerose insieme ad operatori sociali per il supporto psicologico a studenti e famiglie.
- Potenziare immediatamente il servizio pubblico dei trasporti aumentando le corse nelle ore di punta, istituire un servizio pubblico di trasporto scolastico, incentivare la mobilità alternativa per gli e le alunne delle scuole superiori con bonus per l’acquisto di biciclette con conseguente adeguamento della mobilità stradale.
- Garantire prevenzione e controllo sanitario nelle scuole: tamponi e test rapidi gratuiti per student*, docenti e tutto il personale scolastico, ripristinare una corretta vigilanza sanitaria scolastica, con dotazione, per ogni scuola di un ambulatorio con medico e/o infermiere, introdurre la didattica per l’educazione alla gestione collettiva della cura e della salute preventiva.
Per il reperimento dei fondi, si utilizzi il Recovery fund, si introduca una tassazione su tutti i redditi alti, grandi patrimoni e rendite, si utilizzino i fondi di Cassa depositi e prestiti per gli investimenti pubblici sui servizi. Si investa per prevenire il verificarsi di nuove pandemie, dedicandosi alla cura della salute del pianeta. Si investa nella salvaguardia dell’ecosistema che abitiamo, bisognoso di formazione, ricerca, di scuole aperte accessibili a tutt*.