Cambia clima?

di Partinico Solidale, Contadinazioni, A Sud Sicilia, Casa Memoria Impastato

Prendiamoci cura del pianeta, dei beni comuni e delle persone

Una giornata a Partinico che ci ha visto impegnate/i come Partinico Solidale, Contadinazioni, Casa Memoria Impastato e Associazione Peppino Impastato sul tema della crisi climatica, e nel tentativo di comprendere come agire quotidianamente rispetto ad essa. Questo è l'approccio che ci contraddistingue ed è quello che impariamo anche da Fuorimercato, che mette al centro la risignificazione dei bisogni, primo tra tutti il lavoro.

La mattina, in quella che è ormai da più di un anno l'arena della nostra vita in comune, abbiamo pulito e soprattutto abbiamo piantato degli alberi! Questo per noi non è un gesto simbolico, ma è quasi una mistica che ci ricorda come il nostro lavoro fianco a fianco si alimenti con la voglia di rendere bello un posto in cui pretendiamo di vivere e bene. Un posto da cui vediamo partire quasi ogni settimana amici in cerca di lavoro, ed in cui per Esistere abbiamo bisogno di tenerci la mano e di essere i guardiani di una possibilità di vita che metta al centro la condivisione delle nostre sfighe individuali, per generare risposte collettive attraverso cui sentirsi meno soli ma soprattutto vivi. Durante la pulizia un ragazzino chiede “ma perché ancora non torna Valentina?” - “Perché è a lavoro a Torino ma lei vuole tornare, vi pensa e vorrebbe raccogliere queste olive dell'albero di ulivo dell'arena.” – “Ma perché vuole tornare?” - “Perché qui noi ci siamo conosciuti per strada, all'arena e qui ci vediamo sempre e ci troviamo a fare cose insieme e a divertirci e non è detto che in altri posti lo possa fare.

Il dibattito del pomeriggio è stato affrontato da un punto di vista politico e della partecipazione, e non solo tecnico. Non ci siamo improvvisate ambientaliste perché va di moda farlo. Sappiamo che oggi è un tema mediaticamente e politicamente rilevante, sappiamo anche che i/le responsabili dell'ordine politico mondiale si sentono in dovere di dire la propria e di impegnarsi, a parole, nella riduzione delle emissioni, per contrastare il riscaldamento della terra e i conseguenti disastri ambientali già in atto. A noi però il tecnicismo ci interessa per comprendere le cause fondamentali per fondare la nostra azione a partire dal quotidiano.

Sì, è vero, sappiamo che la carta per terra non si butta, che la plastica non va usata, e stamattina abbiamo raccolto all'arena sacchi e sacchi di immondizia che indicano anche il tipo di consumi, di dipendenze e disagio sociale, e consapevoli di questo abbiamo fatto anche solo per esercizio la raccolta differenziata di tutto quello che trovavamo.
Crediamo che parlare di stili di vita non sia il focus ma allo stesso tempo sia importante in un contesto economico sociale in cui, comunemente, si rivendica l'accesso al cibo economico del discount e l'uso plastica come modo per liberare il tempo delle donne! Ad ogni assemblea per preparare un pranzo o una cena sociale l'utilizzo di produzioni contadine o il divieto di utilizzo di plastica è un argomento di discussione vivo e per questo interessante.

Ci interessa, dunque, promuovere pedagogicamente uno stile di vita ecologico, ma ci interessa guardare alle cause. E all’origine della crisi climatica troviamo una logica sistemica di dominio, nascosta dietro all’accumulazione sfrenata del capitale, che stravolge il modo di concepire la relazione tra uomo e natura, la governance di questa relazione e le modalità di estrazione di valore da questa.
Nel corso dei secoli, ed attraverso i metodi ed i modelli coloniali, l’uomo bianco occidentale ha organizzato il mondo e la natura con l’idea di poter agire senza limiti ed estrarre infinitamente delle risorse che solo negli ultimi decenni si sono scoperte limitate. Contemporaneamente il meccanismo automatico di produzione fine a sé stessa ha portato ad un accumulo di scorie e di scarti (rifiuti, emissioni), che il sistema fisico terrestre non riesce più ad assorbire.
Sappiamo che questo ordine mondiale e il suo sistema produttivo, con un approvvigionamento delle risorse che determina il 35% delle emissioni, con un'agricoltura industriale che ne determina il 24%, un'industria il 21%, i trasporti il 14%, gli edifici il 6%, produce disastri ambientali e genera delle diseguaglianze profonde. Solo tre paesi al mondo Usa, Cina e India sono responsabili per il 42% delle emissioni totali.
A pagarne le conseguenze sono popolazioni dei paesi dove avviene questa estrazione continua e scellerata di materie prime, e dove i territori sono anche più vulnerabili rispetto a costretti a migrare per l'impossibilità di accesso alle risorse.

Ci interessa quindi capire le responsabilità della popolazione umana, ma sappiamo che non tutte le donne e gli uomini sono uguali e responsabili allo stesso modo. Vorremmo comprendere le dinamiche di sistema, che ci spingono a collegare la nostra qualità della vita quotidiana ad aspetti più generali, capiamo subito che individualmente possiamo cambiare poco.
È dalla condivisione dei bisogni che risignifichiamo e riconosciamo i nostri desideri ed è da questi che formuliamo il pensiero e l'azione collettiva e quindi politica.

Non ci interessano per questo le risposte “green” di un sistema produttivo estrattivista che continua ad agire con le stesse logiche: non esiste un capitalismo dal volto umano, non esiste un capitalismo verde.
La gestione delle risorse è diseguale, per questo ci interessa rimettere al centro la democrazia, l'agricoltura contadina, la difesa dei beni comuni in quanto istituzioni di per sé democratiche, ci interessa in poche parole l'autodeterminazione dei territori a partire dal nostro quotidiano.
Ci piace pensare che l'unità di misura su cui ragionare sia la relazione tra uomo e uomo, tra uomo e donna e tra questi e la natura, relazione che è diventata dicotomica solo con l'affermarsi del capitalismo.

Nel corso del pomeriggio sono stati portati diversi contributi al tema.
Alessia, dei Fridays For Future, ci ha raccontato dei cortei a Palermo durante gli scioperi globali, e soprattutto della sua emozione nel parteciparvi. Usare la borraccia per l'acqua è diventato un segno distintivo per chi ha organizzato e vissuto quelle giornate che adesso sono diventate anche necessità di studio e approfondimento di diverse tematiche connesse alla giustizia ambientale.
Giulia ha presentato la campagna Giudizio Universale, lanciata da A Sud e da un team di avvocati esperti di tutela dei territori e di diritto climatico. Si tratta di un’iniziativa politica e mediatica che sostiene ed accompagna una vera e propria causa civile contro lo Stato Italiano, inadempiente rispetto agli impegni presi negli accordi internazionali per il contenimento della crisi climatica. È stata dunque un’occasione per approfondire l’importanza di alcuni documenti del panel IPCC (Intergovernative Panel of Climate Change), dove sono elaborati degli scenari e delle strategie per limitare le emissioni e fermare il riscaldamento medio globale ad 1,5 °C (individuato come soglia critica). All’interno del giudizio che si sta costruendo si vuole evidenziare la contraddizione fra queste indicazioni scientifiche – ratificate da tutti i governi che partecipano al Panel, Italia inclusa – e l’inefficacia delle misure prese dalle istituzioni italiane attualmente, quali il Decreto Clima ed il Piano Nazionale Integrato Energia Clima.

A ricorrere in giudizio, anche in Sicilia in questi giorni, sono i comitati di cittadine e cittadini contro inquinamento e grandi opere inutili e dannose, le persone fisiche, i minori rappresentati dai genitori, le associazioni di tutela ambientale e dei diritti fondamentali: una campagna costruita dal basso, per dare voce ai bisogni dei territori.
E la voce di Maria Teresa di Legambiente ha appunto raccontato subito dopo le vicende del territorio di Partinico, la cui piana ha sempre offerto bellezza paesaggistica e prodotti agricoli di qualità, ma che ha sofferto come molti altri luoghi in Sicilia, della urbanizzazione spinta della costa, e della presenza di aziende inquinanti come la Distilleria Bertolino, situata in centro a Partinico. Un nodo ambientale ancora irrisolto per la popolazione, che si è mobilitata nel corso degli anni.
Il gruppo di Legambiente, insieme ad altri soggetti che da anni denunciano le condizioni del fiume Nocella e degli sversamenti dei privati (abitazioni, aziende), ha avviato un interessante percorso per l’elaborazione di un Patto di Fiume che coinvolgerà diversi comuni, e mette nero su bianco degli elementi di tutela della salute umane e dell’ambiente che consentiranno un più facile monitoraggio della situazione e degli impegni presi dalle istituzioni locali.

Ciò che concludiamo insieme, mentre ceniamo con cavuliceddi e pane cunzato, è che non dobbiamo trovare giustificazione al fatto che oggi ci occupiamo del cambio climatico e dell'ambiente ma insieme dobbiamo ripensare che è ecologia vivere uno spazio pubblico e rivendicare la titolarità di farlo come persone che lì si incontrano e si organizzano, che è ecologia aprire ogni venerdì la casa del muto soccorso, sostenere le auto produzioni di Contadinazioni, di Rimaflow e fuori mercato che è ecologia piantare gli alberi con i bambini e le bambine dell'arena!

 

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